Neuroma di Morton: il Ruolo della Postura

Neuroma di Morton

Cos’è il Neuroma di Morton

Il Neuroma di Morton è una patologia dolorosa del piede di natura benigna, provocata da un anomalo ispessimento di uno dei nervi plantari che decorrono tra i metatarsi delle dita.

Tra i fattori predisponenti di questo disturbo vi è soprattutto l’abitudine a indossare calzature troppo strette oppure con tacchi troppo alti, poiché i microtraumi derivanti da queste condizioni sollecitano continuativamente la pianta del piede causando l’irritazione dei neuroni.

Anche la presenza di particolari deformità come i piedi piatti può favorire l’insorgenza di questa malattia, che per l’aspecificità dei sintomi è spesso sottostimata in quanto non correttamente diagnosticata.

Oltre al dolore al piede, che rimane il segnale più caratterizzante del neuroma, possono essere presenti altre manifestazioni come intorpidimentobrucioreipertermia e parestesia, che si manifestano gradualmente aumentando progressivamente la loro intensità.

Nella maggior parte dei casi, il problema si risolve con metodiche conservative come esercizi fisioterapici, massaggi, magnetoterapia e utilizzo di plantari personalizzati.

Neuroma di Morton

Se il dolore è molto intenso, si può fare ricorso a terapie con antinfiammatori che non dovrebbero durare più di 8-10 giorni.

Quando il Neuroma di Morton al piede presenta un andamento ingravescente, è possibile ricorrere a un intervento chirurgico che viene adottato soltanto quando le tecniche conservative si sono mostrate inefficaci.

Per capire le cause predisponenti, la genesi e lo sviluppo di questa anomalia neurologica, è importante conoscere la struttura anatomica del piede, il cui scheletro comprende tre gruppi di ossa, che sono:

  •  tarsali;
  • metatarsali;
  • falangi.

Le ossa tarsali, che formano la porzione prossimale del piede, appartengono al gruppo delle ossa larghe e sono complessivamente sette; il loro ruolo è quello di collegare il piede alla tibia e al perone da un lato, e alle ossa metatarsali dall’altro.

Le ossa metatarsali, che costituiscono la porzione intermedia del piede, sono invece cinque ossa lunghe parallele tra loro, che collegano il tarso alle falangi.

Le falangi, che costituiscono la porzione distale del piede, sono quattordici e formano le cinque dita, comprendenti tre pezzi dall’alluce all’anulare e due soli pezzi per il mignolo.

Tra queste strutture ossee intercorrono numerose fibre nervose sensitive chiamate intermetatarsali, che confluiscono nei nervi plantari: si tratta di fasci nervosi che decorrono parallelamente ai metatarsi e che, arrivati a livello delle falangi si dividono in due nervi digitali.

Di conseguenza tutto il piede dal calcagno alle dita è riccamente innervato con neuroni sensitivi che lo rendono particolarmente vulnerabile a qualsiasi tipo di sollecitazione meccanica.

Anche se il termine neuroma potrebbe far pensare a una forma tumorale, in realtà indica un processo di fibrosi che si sviluppa sulla guaina di rivestimento dei nervi plantari.

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Per effetto di tale fibrosi, l’epinervio tende a ispessirsi, sviluppando una pallina che in casi particolarmente gravi è palpabile al tatto.

È proprio questa pallina a innescare il quadro sintomatologico del Neuroma di Morton, che colpisce prevalentemente le donne tra i 40 e i 50 anni di età.

Questa epidemiologia prettamente femminile dipende probabilmente da un impiego scorretto di scarpe strette e con tacchi alti, che provocano un continuo sfregamento della pianta del piede contro la scarpa.

Anatomia, biomeccanica, patologia e cause del Neuroma di Morton

Le precise cause del morbo di Morton sono a tutt’oggi sconosciute, poiché si tratta di una malattia multifattoriale provocata quindi da un insieme di fattori eziologici.

Secondo una delle teorie più accreditate, la causa del disturbo sarebbe il ripetuto sfregamento tra i metatarsi e le relative radici nervose intermetatarsali, responsabile di una progressiva iperstimolazione dell’epinervio.

Un’altra ipotesi riguarda invece la compressione esercitata dalle ossa metatarsali sui nervi che subirebbero una costante infiammazione della guaina di rivestimento, provocando la formazione di tessuto fibroso che normalmente non è presente.

Il tessuto fibroso, infatti, è una specie di struttura cicatriziale priva di vita, che pertanto ostacola il normale svolgimento delle funzioni vitali dei neuroni.

Lo sviluppo di questo tessuto fibroso si concentra principalmente a livello delle teste metatarsali, poiché la loro struttura rotondeggiante facilita lo sfregamento con il nervo ad esse adiacente.

Praticamente il contatto tra osso e fibra nervosa contribuisce a sviluppare forze di attrito che non dovrebbero essere presenti a questo livello.

In condizioni normali infatti le strutture nervose, che sono rivestite da una guaina protettiva di spessore minimo, non hanno contatti con quelle ossee.

È evidente che la differenza strutturale tra ossa (rigide) e nervi (morbidi) crea una discrepanza anatomica a causa della quale la porzione meno resistente (nervosa) subisce un danno.

Pertanto le cause scatenanti del Neuroma di Morton sono riconducibili ad anomalie posturali delle ossa metatarsali che, in seguito a scorrette stimolazioni del piede, vanno a infiammare i nervi adiacenti.

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Esistono diversi fattori di rischio che possono favorire l’insorgenza del morbo di Morton, e precisamente:

  • uso abituale di scarpe con il tacco alto, calzature che provocano un’eccessiva sollecitazione meccanica delle ossa metatarsali, esasperando il contatto con i relativi nervi intermetatarsali;
    • uso abituale di scarpe strette in punta, che comprimendo i metatarsi, favoriscono lo sfregamento delle ossa tra di loro e con le radici nervose. Mentre il precedente fattore predisponente è tipico della popolazione femminile, questo invece aumenta il rischio negli sportivi, costretti a indossare calzature strette soprattutto nella pratica di calcio, sci e alpinismo;
  • anomala conformazione scheletrica del piede, consistente in una ridotta distanza tra i metatarsi che aumenta notevolmente il rischio di sfregamento tra le porzioni ossee e quindi con i nervi;
  • microtraumi che dipendono da ripetute sollecitazioni ai piedi causate dalla pratica di alcune attività sportive come la danza o la corsa, responsabili anche dell’insorgenza di callosità e borsiti;
  • deformità anatomiche come dita a martello o piedi piatti, che modificando la struttura anatomica del piede, stimolano lo sfregamento tra ossa e nervi.

Il nervo intermetatarsale più colpito nel Neuroma di Morton è quello che si inserisce tra il terzo e il quarto metatarso, e che dà origine alle porzioni sensitive digitali che innervano la faccia laterale del terzo dito (medio) e quella del quarto dito (anulare) del piede.

La causa di questa localizzazione dipende dal fatto che la distanza tra il terzo e il quarto metatarso è minore rispetto a quella presente tra le altre ossa metatarsali e proprio per questo è più probabile che insorga uno sfregamento tra nervo e osso.

I sintomi del Neuroma di Morton costituiscono la tipica triade neuronale, comprendente bruciore, dolore e parestesia.

Inizialmente il disturbo si manifesta con un’anomala sensazione di avere un sassolino nella scarpa, avvertibile sia a riposo che in movimento.

Questo segno dipende dall’infiammazione della radice nervosa, che aumenta di volume esattamente nel punto in cui si verifica lo sfregamento, manifestando un’evoluzione graduale.

Inizialmente, infatti, il paziente avverte dolore e intorpidimento soltanto in alcune occasioni (ad esempio quando indossa scarpe strette o col tacco), mentre nel tempo la compromissione diventa sempre maggiore quando l’ispessimento continua ad aumentare.

La sensazione dolorosa si propaga dalla zona dell’avampiede verso le facce adiacenti delle dita, poiché segue l’andamento delle fibre nervose intermetatarsali, aumentando di intensità quando il paziente rimane per molto tempo in posizione eretta.

Il bruciore si manifesta invece sulla pianta del piede, e può irradiarsi sia verso il calcagno sia verso le dita, spesso in associazione a formicolio e intorpidimento.

Neuroma di Morton

Il segno clinico che consente di diagnosticare con certezza la malattia è il cosiddetto Segno di Mulder, una manifestazione che può aiutare il medico nell’identificazione del problema.

Questo segno consiste in un click che lo specialista avverte comprimendo un’area ben precisa del piede dapprima ai lati dei metatarsi dolenti e successivamente nella zona interdigitale delle ossa metatarsali.

Un altro segno non sempre presente è rappresentato da un piccolo avvallamento tra i due metatarsi nella zona che circonda la guaina nervosa.

Per diagnosticare con sicurezza questo morbo bisogna seguire un determinato iter, comprendente:

  • anamnesi completa;
  • valutazione dei fattori di rischio;
  • esame obiettivo dei sintomi;
  • radiografia del piede (che permette di escludere microfratture o forme artritiche o artrosiche);
  • esame ecografico (che consente di identificare eventuali anomalie del tessuto nervoso escludendo l’ipotesi di una borsite);
  • risonanza magnetica nucleare, che è l’unica indagine a evidenziare con assoluta certezza lo sviluppo del Neuroma di Morton.

Nella maggior parte dei casi questa patologia viene identificata per mezzo di una diagnosi differenziale che serve per distinguere il disturbo da artrite, borsite, presenza di microfratture oppure osteocondrosi.

Dal punto di vista clinico, il Neuroma di Morton ha una prognosi molto differente a seconda del tipo di sviluppo che lo caratterizza.

Oltre l’80% dei pazienti reagisce positivamente ai trattamenti conservativi che quasi sempre risolvono definitivamente il problema.

Nel 70% dei pazienti è invece necessario ricorrere alla chirurgia, soprattutto se gli interventi conservativi sono risultati inefficaci.

Quando il Neuroma di Morton è lieve, la prognosi è sempre favorevole soltanto modificando il tipo di calzature e lasciando una maggiore libertà di movimento al piede.

La prevenzione risulta come sempre il metodo più efficace per contrastare l’insorgenza del neuroma e per evitare eventuali recidive: in questo ambito è indispensabile utilizzare scarpe comode, senza tacco e che assecondano perfettamente l’anatomia del piede.

Neuroma di Morton

Chi pratica attività sportive come la corsa, dovrebbe scegliere unicamente scarpe adatte all’anatomia del proprio piede, evitando qualsiasi forzatura dell’apparato osseo.

I pazienti che esercitano professioni che costringono a trascorrere molte ore in piedi, dovrebbero utilizzare un tappetino anti-fatica che, monitorando lo scarico di tensioni a terra, consente di dare sollievo ai piedi evitando le forze d’attrito.

La causa posturale del Neuroma di Morton

La causa posturale del Neuroma di Morton si collega all’appoggio plantare del soggetto, che in condizioni normali è equilibrato e consente una bilanciata distribuzione delle tensioni ponderali a terra.

I pazienti affetti da questo morbo invece si caratterizzano per uno squilibrio in un’area anatomica anche lontana dal piede che produce un sovraccarico nella zona metatarsale, con successiva infiammazione delle radici nervose.

Tra i fattori posturali che provocano questa patologia, vi sono anche stress dinamici innescati da movimenti ripetuti responsabili di anomalie alle strutture che li subiscono.

Alcune attività sportive come calciopallavolo e running provocano continui traumi da appoggio associati a sfregamento della pianta del piede sul terreno.

Sono disponibili esercizi per il Neuroma di Morton che consentono di attenuare notevolmente i sintomi:

  • stretching del tessuto connettivo del piede, che può allentare lo stress meccanico prodotto dal neuroma. Questi esercizi dovrebbero essere mantenuti per almeno 10-20 secondi ogni volta;
  • allungamento manuale della fascia plantare, che consiste nell’afferrare il tallone con una mano mettendo l’altra sotto la pianta e tirando delicatamente l’avampiede verso l’alto;
  • allungamento al muro, che si effettua appoggiando le mani al muro e mantenendo i piedi sotto alle spalle e tenendo i talloni fisso sul pavimento si piegano le ginocchia per avvicinarsi al muro;
  • rotolamento della bottiglia, che consiste nel far rotolare una bottiglia d’acqua congelata avanti e indietro lungo la pianta del piede, per diminuire l’infiammazione e il dolore;
  • stretching con l’asciugamano, che si effettua mettendo l’avampiede al centro di un asciugamano e, rimanendo seduti, si tira il piede verso la tibia afferrando le estremità dell’asciugamano con le mani.

Un’efficace cura per il Neuroma di Morton deve comprendere una serie variegata di esercizi posturali finalizzati al riallineamento del piede, poiché soltanto in questo modo i rapporti tra osso e radici nervose possono ritornare normali.

Neuroma di Morton

Un Neuroma di Morton non curato tende a cronicizzare e a peggiorare nel tempo, per cui è altamente sconsigliabile non prendere provvedimenti.

Trattamento e rieducazione posturale del Neuroma di Morton

Il trattamento del Neuroma di Morton può essere conservativo (nella maggior parte dei casi) oppure chirurgico (nelle condizioni di maggiore gravità).

In linea generale i trattamenti conservativi sono la soluzione terapeutica di pronto intervento, che soltanto in alcune condizioni non risulta efficace: in questi casi subentra la chirurgia, indicata in una netta minoranza di pazienti.

La terapia conservativa comprende un insieme di trattamenti mirati a risolvere il morbo in maniera poco invasiva e definitiva.

Le varie opzioni sono le seguenti:

  • impiego di plantari personalizzati che vengono realizzati su misura dei piedi del paziente e che devono essere posizionati nelle calzature allo scopo di diminuire la compressione tra metatarsi e radici nervose. I plantari per Neuroma di Morton devono essere fabbricati da tecnici ortopedici che, dopo un approfondito esame posturale, sono in grado di identificare i maggiori punti di tensione sulla pianta del piede;
  • utilizzo di calzature ortopediche, che sono scarpe con punta allargata che permette il libero movimento delle dita e con tacco basso. La gestione terapeutica del Neuroma di Morton dipende soprattutto dall’uso abituale di calzature non compressive contenenti plantari anatomici;
  • applicazioni locali di ghiaccio, che dovrebbero essere eseguite per circa 15-20 minuti tre volte al giorno, allo scopo di ridurre l’infiammazione;
  • assunzione di antinfiammatori come i FANS, che da un lato consentono di attenuare il dolore e d’altro lato di ridurre l’infiammazione dei nervi. Tuttavia in molti casi questi rimedi non sono sufficienti ma è necessario ricorrere al cortisone;
  • iniezioni locali di cortisone, che devono essere effettuate da personale specializzato in quanto per alleviare la sintomatologia dolorosa è indispensabile inoculare i cortisonici esattamente nel punto in cui l’epinervio è infiammato. Spesso, per individuare la precisa sede di iniezione, è necessario utilizzare un’ecografo. Questa terapia locale ha una notevole efficacia immediata ma limitata nel tempo. D’altra parte, ripetute applicazioni di cortisonici, possono danneggiare tendini e legamenti, pertanto deve essere vagliata caso per caso;
  • alcolizzazione eco-guidata, che è un intervento applicabile sotto la guida di un ecografo e consistente nell’introduzione di una soluzione alcolica nel punto preciso di localizzazione del Neuroma di Morton. Questa terapia svolge una funzione tossica nei confronti della pallina fibrosa localizzata intorno alla radice nervosa e non ha effetti collaterali, per cui rappresenta una valida alternativa al cortisone e agli interventi chirurgici;
  • ablazione con radiofrequenza, che prevede il contatto del tessuto fibroso con una fonte di calore piuttosto intensa, generata da un’apparecchiatura elettrica;
  • intervento chirurgico, che viene effettuato su casi particolarmente ostici e che prevede tre tipi di operazioni, che sono neurectomia (consistente nell’incisione del piede e asportazione della porzione di nervo sofferente), decompressione (prevede la creazione di un maggiore spazio intorno alla radice nervosa malata) e neuro-ablazione criogenica (sfrutta il freddo, tra -50°C e -70°C, per distruggere le fibre nervose). Tra queste pratiche, soltanto la neurectomia viene considerata veramente risolutiva, poiché in altri casi il tessuto fibroso potrebbe ricostituirsi a distanza di tempo e, se asportato più volte, generare una sensazione permanente di intorpidimento, oltre a una callosità nel punto di incisione (cheratosi plantare).