ADHD e aspetti Posturali

ADHD

Cos’è l’ADHD?

L’ADHD è il disturbo da deficit di attenzione e iperattività. Nello specifico, si tratta di un disordine dello sviluppo neuro psichico che coinvolge maggiormente i bambini e gli adolescenti, soprattutto nei primi 7 anni di vita. Impulsività e impossibilità a concentrarsi rappresentano alcuni dei segnali più evidenti di questa situazione persistente di disattenzione e iperattività.

Il primo a descrivere per la prima volta l’ADHD fu il medico Heinrich Hoffman nel 1845: all’interno di un suo libro, The Story of Fidgety Philip, veniva fatta una precisa disamina su un bambino iperattivo.

ADHD

Tuttavia, bisognò attendere il 1902 per veder riconosciuta l’ADHD come malattia. In alcune conferenze che vennero tenute da Sir George F. Still in rappresentanza del Royal College of Physicians, questo disturbo del neurosviluppo venne considerato a tutti gli effetti come un problema di salute pediatrica.

Epidemiologia

Le percentuali rilevate di ADHD tendono a differire molto a livello globale: si va dall’1% nel caso dei bambini in età prescolare sino addirittura al 20% in numerosi Paesi. Da un’analisi complessa, frutto di 175 ricerche effettuate in tutto il mondo su ragazzi fino a 18 anni di età, è venuta fuori una stima complessiva del 7,2% di affetti da sindrome dell’ADHD.

Un’altra indagine, compiuta su 11.422 adulti tra i 18 e i 44 anni nei Paesi del Medio Oriente, dell’Europa e delle Americhe, ha messo in evidenza come l’ADHD ha riguardato una media complessiva del 3,4%.

Eziopatogenesi

Le cause che danno luogo all’ADHD non sono univoche. I medici devono accertarle ancora del tutto. Vi sono vari studi che mettono in evidenza una certa familiarità nella presenza di questa sindrome: vi sarebbe, di fatto, una componente genetica tutt’altro che indifferente in fase di trasmissione.

Altre ricerche sono invece maggiormente orientate in riferimento alla valutazione degli effetti di alcool e fumo nel corso della gravidanza sullo sviluppo della suddetta patologia. In termini neurofisiologici, i Servizi di Salute Mentale degli Stati Uniti d’America (NIMH) hanno effettuato tutta una serie di studi focalizzate su determinate aree del cervello mediante TAC, risonanza magnetica e varie tomografie.

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Ciò che si è evinto è la ridotta dimensione di queste aree nel caso dei bambini affetti da sindrome dell’ADHD rispetto agli altri bambini. In altre ricerche, invece, il deficit viene fuori nella trasmissione dopaminergica.

Altro studio molto interessante in riferimento all’eziopatogenesi dell’ADHD è stato pubblicato su Pediatrics, una rivista focalizzata sulla salute dei bambini: un team di ricercatori statunitensi ha osservato 2.500 bambini fino a 6 anni di età, mentre guardavano per ore la tv. L’obiettivo era quello di constatare se vi fosse un’eventuale influenza sulla suddetta sindrome a livello di fattori ambientali. Risultato? A causare i disordini di attenzione e di iperattività, secondo questo team di ricercatori statunitensi sarebbero le immagini veloci e irreali mandate in onda da numerosi programmi. In questo modo, verrebbe alterato lo sviluppo del cervello. Ciò quindi non deriverebbe dai contenuti.

Sintomi

In caso di ADHD, i sintomi più ricorrenti sono i seguenti:

  • palesi difficoltà nel portare a termine ogni tipologia di attività, dove è necessario concentrarsi;
  • scarsa capacità di ascolto di ciò che viene comunicato;
  • eccesso di vivacità (saltare sulle sedie, correre di continuo, arrampicarsi, spostamenti continui da un banco a un altro);
  • distrazioni frequenti;
  • difficoltà di apprendimento che, se gravi, li fanno rimanere indietro rispetto agli altri scolari;
  • dislessia;
  • disgrafia;
  • disturbi dell’umore;
  • se il problema persiste anche in età adulta, si registra una scarsa propensione al lavoro in team oppure al mettersi in coda.
  • Altri sintomi particolarmente ricorrenti sono ansietà, sviluppo di tic nervosidepressione e disordini comportamentali di varia natura.

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A lungo andare, i suddetti sintomi causano disagio e complicazioni a livello di sviluppo.

Diagnosi

Non si sono testi specifici per diagnosticare l’ADHD; c’è, inoltre, da mettere in evidenza che molti dei sintomi di questa sindrome possono essere confusi con altri disturbi comportamentali, visto che la linea di demarcazione non risulta così marcata. Per questo motivo, si corre il rischio di arrivare a diagnosi tardive. Una diagnosi di ADHD viene elaborata solo in seguito ad accurati controlli, portati a termine da parte di un medico abituato a lavorare con individui in questa condizione. Non basta un semplice test fisico, né tanto meno uno psicologico per effettuare la diagnosi di ADHD. Conversazioni dirette fatte in prima persona con il bambino o con l’adulto da esaminare e l’ascolto del parere di amici e insegnanti possono rivelarsi utili al riguardo. I disturbi da cali dell’attenzione e da iperattività spesso proseguono anche in età adulta. Perciò, il ruolo dell’indagine diagnostica, basato su interviste cliniche e storie familiari, si rivelano essenziali nel distinguere la patologia in oggetto da condizioni psichiatriche differenti, ma con sintomi concomitanti.

Terapia

In caso di ADHD, la terapia è sia di natura psico dinamica sia di tipo farmacologico. Il farmaco maggiormente segnalato nelle ricerche per il trattamento farmacologico è il metilfenidato, il cui nome commerciale è Ritalin®. In genere, lo si utilizza insieme a vari tipi di anfetamine.

Compito del medico è quello di mettere a punto un approccio terapeutico ottimale. Durante la fase d follow-up prolungato, è opportuno riuscire a distinguere se risulti più utile un trattamento farmacologico prolungato con stimolanti oppure tramite interventi terapeutici e comportamenti non farmacologici.

In linea di massima, il 75% dei bambini dà risposte positive ai trattamenti in questione, apportando miglioramenti concreti alla capacità di concentrazione e al rapporto con gli altri scolari e con gli insegnanti. La resa in fase di apprendimento è poi superiore e si registra un autocontrollo per ciò che concerne i comportamenti impulsivi.

ADHD

Al fine ottenere risultati positivi durante la terapia, è di determinante importanza il rapporto prolungato con lo psichiatra infantile. I confronti tra il bambino e la famiglia aiutano a mettere in pratica varie tecniche per gestire al meglio il comportamento.

I farmaci possono alleviare i sintomi e contribuire ad agevolare la convivenza con questa condizione. Più che di cura dell’ADHD sarebbe opportuno parlare di supporto educativo, perché è solamente con istruzioni, consigli, terapie mediche e comportamentali che si aiutano i bambini e gli adulti a gestire al meglio gli effetti della condizione. I farmaci, quindi, si rivelano la prima soluzione di trattamento. La terapia psicologica funge da supporto.

Per quanto riguarda i farmaci contro l’ADHD, sono due le categorie da tenere in considerazione: da un lato, vi sono gli stimolanti, la cui azione verte attorno all’incremento di norepinefrina e di dopamina nel cervello. Queste due sostane chimiche garantiscono maggiore attenzione, ricoprendo un ruolo imprescindibile in fase di gestione del pensiero. Dall’altro lato, vi sono i farmaci non stimolanti, somministrati nel momento in cui i pazienti non rispondono alla prima opzione. Spesso vengono prescritti insieme ai farmaci stimolanti con lo scopo primario di aumentarne l’efficacia. I farmaci per l’ADHD vanno sempre prescritti dal medico e devono essere utilizzati sempre sotto controllo di uno specialista.

Prima di ricorrere al trattamento farmacologico, comunque, occorre effettuare un’attenta diagnosi sul bambino che si presume possa essere affetto dal disturbo dell’attenzione e dell’attività.

Suggerimenti

Una dieta sana ed equilibrata aiuta a contrastare i sintomi dell’ADHD. Alcune ricerche sottolineano come assumere cibi contenenti additivi e bere bevande a base di caffeina, non fa altro che peggiorare lo scenario. Conviene, inoltre, tenere un diario del cibo e consultare un dietologo. Anche l’attività fisica ha i suoi vantaggi, perché se svolta regolarmente rende un minimo stanchi i bambini prima di andare a dormire.

Prevenzione

Routine fisse, in particolar modo l’orario in cui andare a letto, aiutano a prevenire i disturbi dovuti al calo dell’attenzione e allo stato di iperattività. Ricompensare il bambino in seguito ad atteggiamenti positivi, come l’essersi attenuto a determinate istruzione, pure. Di notevole aiuto, poi, sono gli adesivi: se applicati su una tabella nel momento in cui il piccolo assume atteggiamenti positivi, si terrà traccia dei miglioramenti conseguiti di settimana in settimana. Anche gli adulti, di questo passo, impareranno a conoscere i comportamenti dei bambini e sapranno come affrontare una possibile situazione di frustrazione. A fronte di sovraeccitazione, può essere una saggia decisione ridurre i tempi di gioco con i suoi amici. Dedicare del tempo per il necessario relax, infine, è un ulteriore accorgimento preventivo da adottare a fronte di ADHD nei bambini.

Per quanto tempo è possibile vivere con l’ADHD?

L’ADHD non incide in alcun modo sulle aspettative di vita. Tuttavia, può contribuire a incrementare i rischi di andare incontro a vari disturbi psichiatrici in ottica di lungo periodo. In questo scenario, la qualità di vita del paziente finirebbe inevitabilmente per risentirne. Il trattamento, pertanto, ha lo scopo di garantire il necessario sollievo dai sintomi ricorrenti.

La relazione con la Postura

Nel caso di soggetti con ADHD sono presenti problemi di Postura. A risentirne sono soprattutto l’equilibrio e la coordinazione: attività come lanciare o afferrare un oggetto, calciare un pallone, disegnarescrivere o allacciare le scarpe sono particolarmente ostiche da portare a termine. Per risolvere il problema, è opportuno effettuare ogni giorno costanti esercizi. Lo stesso dicasi per il trattenimento delle informazioni uditive. Quest’ultima attività, nello specifico si rivela tra le più lacunose in assoluto. Di conseguenza, mediante interventi mirati, si va a lavorare su specifiche aree, molto rilevanti per il bambino. Numerosi studi sottolineano come lo Yoga Posturale possa rivelarsi foriero di ottimi risultati nel contrastare il deficit dell’attenzione e nel tenere a bada l’eccessiva iperattività. Il motivo di fondo risiede nel fatto che lo yoga posturale riesce ad armonizzare la dimensione fisica e psico della sfera affettiva. Le tecniche di respiro o pranayama, le posture o asana e la meditazione o dhyana si dimostrano fondamentali nella gestione ottimale della maggior parte dei sintomi dell’ADHD. Chi pratica yoga è, sotto certi aspetti, tenuto a prestare attenzioni, decisive nel gestire al meglio l’area affettiva. Agendo in questo modo, si ottengono progressi considerevoli sia a livello individuale sia in termini di integrazione nel gruppo, quale può essere il contesto scolastico o l’ambito dei gruppi lavorativi. Grazie allo yoga posturale, la gestione degli stati d’ansia può essere decisamente migliorata.

ADHD

Lavorare sulla Postura sin da quando si è piccoli, secondo svariate ricerche, riduce i sintomi tipici dell’ADHD di oltre 35 punti percentuali. A migliorare, poi, è la qualità di vita del soggetto e la vita relazionale in famiglia. Anche meditare, in tal senso, consente di ottenere risultati brillanti, perché ci si distrae di meno e si resta focalizzati sugli obiettivi da conseguire. Affinché vi possano essere progressi al riguardo, è di sicuro cruciale il ruolo dell’insegnante: spetta a questa figura, infatti, verificare i momenti in cui si registrano cadute dell’attenzione e cali di concentrazione.

La meditazione e lo yoga posturale hanno il compito di contrastare al meglio i disturbi caratteristici della sindrome da ADHD. Gli esercizi aerobici portano a una graduale presa di coscienza sia della capacità attentiva sia degli stati affettivi. Si richiede, però, la presenza di un istruttore accanto al soggetto con la problematica sin qui descritta. Agendo questo modo, chi è affetto da ADHD sarà maggiormente predisposto alla vita relazionale.